
DIABOLICO E DIVINO … DIFFERENZE?
Spesso le ragioni scientifiche di un evento hanno radici e no spiegazioni razionali. L’operato dell’uomo è solo un piccolo magnete che sposta di pochi gradi quel destino divino o diabolico che merita in vita come nella morte
Nei precedenti due articoli abbiamo parlato e discusso di come una Superstizione, in paesi del Meridione di Italia sin da tempi remoti, possano essere imputabilis ia al divino che al diabolico. Di scena un paese dell’Italia Meridionale, Puglia Sud-Est, Locorotondo.
Trovate gli articoli precedenti : parte 1 e parte 2.
Magia e causalità
Varie cause magiche avevano sintomi simili. Un incidente poteva essere attribuito a tentazioni o ‘mmvidie, oppure poteva essere attribuito a circostanze naturali o alle azioni di un’altra persona. Un calo di fortuna potrebbe essere il risultato di una ‘mmvidia, di una maledizione, della rottura di un tabù o persino del potere nefasto di Dio. Oppure può essere semplicemente il prodotto di circostanze finanziarie incontrollabili, come un periodo di crisi macroeconomica. La malattia poteva essere il risultato di un’affas-cenza, di una ‘mmvidia, di una maledizione, del castigo di Dio o semplicemente di una causa naturale per la quale ci si poteva recare dal medico. Poiché i sintomi si sovrapponevano, ed ancora alcune cause mettevano in discussione la moralità della vittima, la considerazione del posto del malcapitato nell’universo morale era automatica, anche se non lo erano le conclusioni raggiunte da o su chi ne era interessato. La storia personale della vittima, le sue particolari disgrazie e le eziologie disponibili potrebbero, infatti, combinarsi in modo da lasciare la vittima completamente fuori dalla morale.
A Locorotondo la discussione sulla moralità di chi subiva una sciagura non era così ordinata da accompagnare un rituale specifico o da concentrarsi su un singolo simbolo elaborato. Né le persone a Locorotondo si sono sedute a soppesare formalmente questa e quella possibilità. Le conclusioni e il consenso potevano essere raggiunti con poche parole e, anche se da estraneo non posso saperlo con certezza, l’esperienza umana generale mi suggerisce che le persone, comprese le vittime, spesso raggiungevano tali conclusioni da sole nel dialogo mentale. Tuttavia, tali riflessioni sono state certamente espresse in alcune occasioni, come quando, ad esempio, le famiglie speculavano sulle proprie sorti e su quelle degli altri sedute al tavolo della cucina o riunite intorno al focolare.
Esistevano anche altri insiemi, come la ricca gamma di proverbi locorotondesi o le conoscenze locali sulla legge, per esempio, ma l’idioma del danno magico era particolarmente potente perché implicava un potere trascendente e perché i suoi presupposti riflettevano da vicino la natura e le esigenze della vita sociale in una situazione di piccola proprietà contadina. In effetti, la riflessione comunitaria e individuale sulle azioni altrui poteva invocare diverse serie di simboli sovrapposti; non era limitata a un solo ordine di comprensione.
Per il contadino locorotondese, l’uso di questo spettro simbolico per fare affermazioni sul comportamento degli altri invocava un grado di autorità morale più elevato rispetto all’uso di alcuni altri insiemi simbolici, come ad esempio i proverbi. I proverbi hanno un’autorità basata sul peso della tradizione, sull’appropriatezza e talvolta sulla forza del discorso poetico, ma non sull’associazione con il mondo spirituale. Attribuire la sofferenza di un individuo a una maledizione pronunciata da un altro, al potere nefasto di Dio o persino a una maledizione sbagliata e restituita sarebbe dannoso. Leggere gli stessi sintomi come un caso di “invidia” potrebbe assolvere la vittima dalla colpa e contemporaneamente commentare, forse, il suo invidiabile status sociale o la sua tendenza a ostentare la fortuna. In questo caso, la qualità trascendente della causa di afflizione sarebbe ben diversa da quella implicita nell’operazione di maledizione (dietro la quale si cela il riconoscimento da parte di Dio del torto subito da chi lo dà). Essa risiederebbe in una forza mistica, ma che si ritiene possa essere lanciata in modo infallibile su una vittima relativamente innocente.


Passato e Società
Gerarchie familiari
I valori nella Locorotondo contadina erano saldamente incentrati sul legame tra famiglia e lavoro. A partire dall’inizio del XIX secolo, con lo sviluppo della piccola proprietà contadina, la famiglia contadina si è trasformata nella principale unità agricola e imprenditoriale. Fino alle recenti crisi della viticoltura e allo sviluppo di occupazioni alternative per gli uomini di campagna, si trattava di un’unità gestita strettamente da un capofamiglia maschio che non solo supervisionava la produzione e la lavorazione dell’uva, del grano, delle olive e dei prodotti dell’allevamento, ma doveva anche pensare al futuro e fornire risorse ai figli quando si sposavano. Questa gestione richiedeva un alto grado di autorità da parte dei genitori sia per quanto riguarda il controllo del lavoro dei figli sia per quanto riguarda le loro scelte matrimoniali. Dalle interviste emerge chiaramente che nella contea locorotondese due valori erano fondamentali e, anche se forse in via di erosione a causa della penetrazione del lavoro extra-agricolo, sono rimasti tali: il duro lavoro e il rispetto per i propri genitori. Quest’ultimo comportava l’obbedienza ai desideri dei genitori prima del matrimonio e, altrettanto importante, il rispetto e la cura sostenuti per loro dopo. Quando i genitori si ritiravano, cosa che in genere dovevano fare con il matrimonio del figlio più giovane, venivano accuditi da quest’ultimo (e da sua moglie), che ereditava parte della casa dei genitori e diventava quindi il loro vicino di casa. Ogni figlio doveva fornire un’indennità annuale in generi alimentari (u mantenemènte) e in seguito, quando i genitori diventavano infermi, doveva condividere il compito di prendersi cura di loro.
Un caso diffuso di maledizione divina era dato proprio dal maltrattamento dei genitori, o membri più deboli della famiglia. Questo tipo di superstizione serviva come monito contro la tentazione di anteporre il proprio benessere ai legittimi bisogni dei genitori e conferivano una sanzione soprannaturale all’autorità dei genitori in generale. L’autorità di un padre era notevolmente accresciuta se attraversarla seriamente significava che egli poteva lanciare una maledizione, il cui potere derivava dalla divinità, o che la divinità stessa sarebbe intervenuta per punire il figlio. Allo stesso modo, la convinzione che la sua maledizione fosse la più potente di tutte evidenziava il rispetto dovuto alla madre. Sostenuto dalla maledizione e dal potere nefasto di Dio, l’aspetto genitoriale della diade figlio-genitore non era più solo una questione di struttura sociale terrena, ma assumeva una qualità trascendente quasi divina. Dio proteggeva i genitori, sosteneva la loro autorità e sosteneva la fattoria che era il nucleo fondamentale gestita dal padre, comune alla zona.


Castità e Matrimonio
I racconti di maledizioni si concentravano anche sull’onore familiare associato alla castità e al fidanzamento di figlie e sorelle.
Si diceva che le ragazze non più vergini o, peggio, incinte, abbandonate dai fidanzati, lanciassero maledizioni, così come le madri delle ragazze. In effetti, un fidanzamento ingiustamente rotto poteva suscitare una maledizione anche se la ragazza fosse illibata. Tra i piccoli proprietari contadini, il fidanzamento coinvolgeva le famiglie in scelte importanti per la futura sussistenza e, ancora una volta, per i rapporti genitori/figli. In questo caso l’onore non era solo una qualità astratta; il suo controllo era un segno per gli altri membri della comunità dell’abilità con cui i genitori gestivano la vita dei figli e il patrimonio familiare ai fini della riproduzione sociale ed economica. Il fidanzamento era una relazione che nella Locorotondo contadina non veniva stipulata con leggerezza e doveva rappresentare un’attenta scelta, non solo da parte dei genitori ma anche da parte del promesso sposo. Rompere un fidanzamento significava perdere la faccia, perché segnalava che quelle scelte non erano state fatte con cura. L’unico motivo legittimo per rompere un fidanzamento era un presunto comportamento scorretto da parte della donna
Se un giovane decideva di aver trovato un partner migliore o era attratto da un’altra donna per motivi romantici, non poteva rompere casualmente con la sua fidanzata, perché se lo faceva rischiava una punizione soprannaturale.
Sebbene le donne occupassero chiaramente una posizione subordinata nella società contadina locorotondese, la magia serviva a rimediare a questa situazione, almeno in parte.
Potremmo vedere questa forma di danno magico, denominata “tentazione”, come un riflesso diretto di un altro valore forte tra i contadini locorotondesi: il lavoro sistematico e quasi stacanovista . Spesso questo valore era incarnato da un contadino che si era fatto da sé cogliendo opportunità che offrivano un grado di ricchezza sconosciuto in gran parte dell’Italia meridionale. Tali opportunità comportavano l’investimento di grandi quantità di lavoro familiare per trasformare i terreni in vigneti che, attraverso il contratto di enfiteusi, potevano diventare a tutti gli effetti proprietà contadina.
La creazione e la manutenzione di questa terra era un processo ad alta intensità di lavoro che condizionava lo sviluppo di una forte etica del lavoro; un concetto molto importante e da non sottovalutare.
La nozione di tentazione trasmetteva il messaggio che la distrazione da un percorso sistematico poteva portare al disastro. Nelle attività quotidiane il capriccio era pericoloso . Allo stesso modo, tabù come quelli che vietano di bruciare un giogo o di versare olio d’oliva stabiliscono regole rigide di comportamento. Si trattava forse di riverberi simbolici e didattici di altre regole rigide, come l’obbedienza al padre, che hanno caratterizzato la vita familiare.
L’Invidia genera sciagura
Migliorare la sorte della famiglia era possibile qui, come non lo era in molti altri luoghi dell’Italia meridionale. Tuttavia, la distribuzione della ricchezza non era uniforme e alcune famiglie conoscevano una notevole povertà; il potenziale di invidia tra i vicini era quindi molto diffuso. Particolarmente invidiati erano coloro che potevano diventare massari – coloro che avevano i mezzi per assumere grandi proprietà con contratti di mezzadria o di affitto – ma anche i contadini piccoli proprietari che potevano aumentare le loro proprietà terriere rischiavano l’invidia dei loro vicini.
La paura dell’invidia alimentava l’etica ascetica, quasi “protestante”, delle campagne, in cui l’austerità in tutto era un imperativo centrale. Si pensi al proverbio “Ce beune ui paré, l’ossere i’i pèdde t’onne a doié” (“Se vuoi apparire buono, le ossa e i piedi devono dolere”). Nella comunità contadina, il prestigio non derivava dalla ricchezza o dai beni, ma dalla reputazione di lavoratore indefesso. Infatti, i vicini accusavano coloro che sembravano acquisire ricchezza all’improvviso di aver raccolto un tesoro nascosto (rivelato loro in sogno dal brigante che l’aveva seppellito) in cambio dell’abbandono di un'”anima innocente”.
Il timore del malocchio impediva agli individui e alle famiglie di ostentare direttamente la fortuna o i beni materiali e, in una certa misura, può aver scoraggiato l’acquisizione di ricchezza. La diffusa capacità di curare l’affascene e l’uso frequente di amuleti contro le ‘mmvidie suggeriscono una notevole preoccupazione per l’invidia altrui, così come l’insolita elaborazione del concetto di doppio malocchio..
In conclusione, ogni vittima di sventura a Locorotondo aveva una storia, che poteva essere variamente costruita o interpretata secondo vari spettri sovrapposti di simboli elaborativi. In diversi modi, le vittime potevano essere incolpate della propria disgrazia; le vittime potevano anche essere assolte dalla loro responsabilità e trovare altri colpevoli. Allo stesso tempo, le persone parlavano dei valori fondamentali del loro stile di vita e tenevano conto del loro comportamento.
Lo studio del simbolismo della sfortuna e del suo utilizzo fornisce uno strumento particolarmente potente per comprendere i sistemi di valori insiti in determinate società. In questo articolo ho cercato di fare un passo avanti verso un’antropologia della sfortuna, come suggerito da due noti antropologi Worsley e Farmer, osservando le vittime della sfortuna soprannaturale in una città italiana ed esplorando come il significato dei vari modi di essere danneggiati soprannaturalmente si connetta l’uno con l’altro e con l’esperienza storica e il sistema culturale emergente della città.