
Tutto può parlare di Territorio e Turismo
Auto e Promozione turistica
Come già presentato in un precedente articolo, abbiamo presentato l’estremo legame tra i luoghi della pubblicità ed i luoghi turistici e di come si possa avere una vetrina di notorietà e di occasioni di business con pochi euro o, addirittura, gratis .
Nella fattispecie, ne parlammo in questo articolo Grant Turismo 7 e la promozione turistica di Alberobello ( Puglia ). Leggetelo , è interessante.
Ma, riprendendo questo concetto: sapevate che la omnipresente Fiat Campagnola venne presentata alla Fiera del Levante di Bari nel 1951; una edizione che vedeva una Italia piegata dal Secondo Conflitto Mondiale, ma, pronta ad innalzarsi con una indomita dignità.
La stessa Fiat Campagnola , voleva essere la prova di come uno stato sconfitto avrebbe potuto costruire un veicolo militare e civile con caratteristiche uguali, sennò superiori, alla Jeep Willys degli Stati Uniti.


Un mezzo civile/militare
La Fiat Campagnola è ricordata da tutti Noi durante il Servizio Militare,
quando sulle strade delle nostre caserme di incoporamento dovevamo difederci da ogni tentato “investimento” di incauti commilitoni alla guida. Personalmente,
ricordo con molto affetto il capannone colmo della caserma militare di Trani di V.M. immobili e smontati che avevano come unici infermieri Fiat Campagnole di tipo II ed anche I ;
quelle, sì, non si fermavano mai .
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Storia Fiat Campagnola AR51
Nota anche come modello AR51, la prima generazione della fuoristrada Fiat Campagnola nacque per l’utilizzo militare e fu prodotta anche per l’uso civile fino al 1973
Nell’estate del 1951, presso lo stabilimento Lingotto di Torino, iniziò la produzione della Fiat Campagnola, presentata ufficialmente alla Fiera del Levante di Bari nel successivo mese di settembre. Il costruttore torinese progettò questa fuoristrada per aggiudicarsi il bando del Ministero della Difesa, pubblicato nel mese di novembre del 1950. La Fiat Campagnola vinse l’appalto che prevedeva l’acquisto di 6.000 ‘camionette’ da parte dello Stato, grazie al costo inferiore rispetto alla concorrente Alfa Romeo 1900M ‘Matta’. Inizialmente, Fiat aveva previsto di produrre la statunitense “Jeep” di Willys su licenza, presso la consociata Simca in Francia. Tuttavia, fu preferito il progetto 1101 di Dante Giacosa, in quanto condivideva gran parte della meccanica con i modelli 1100, 1400 e 1900. La denominazione iniziale, invece, era Alpina, ma poi fu preferito il titolo dell’omonima canzone di Carlo Buti.
Le caratteristiche principali della Fiat Campagnola – nota nell’ambiente militare anche con la sigla AR51 (acronimo di Autoveicolo da Ricognizione del 1951) – erano la carrozzeria ‘torpedo’ con il parabrezza ribaltabile in avanti, i due sedili anteriori, le due panche longitudinali posteriori per quattro posti, la portata di 500 kg, il telone di copertura e i giunti omocinetici. Esteticamente, la declinazione ‘automobilistica’ della Fiat Campagnola, in vendita al prezzo base di 1.600.000 Lire, era riconoscibile per lo sportello posteriore incernierato in basso, la copertura più alta con i finestrini laterali in celluloide e le panche posteriori imbottite, nonché dotate di schienale. Per quanto riguarda le dimensioni, era lunga 364 cm, larga 148 cm e alta 195 cm, mentre il passo misurava 225 cm. La Fiat Campagnola era equipaggiata con il motore a benzina 1900 a quattro cilindri ad ‘aste e bilancieri’ da 53 CV di potenza e 100 km/h di velocità massima, abbinato al cambio manuale a quattro marce con riduttore. Il resto della meccanica prevedeva la trazione integrale inseribile solo con le marce ridotte, il bloccaggio automatico del differenziale posteriore e il telaio a longheroni con traverse in lamiera scatolata.
Inoltre, la Fiat Campagnola era dotata di sospensioni anteriori indipendenti con molle elicoidali, barra stabilizzatrice trasversale e ammortizzatori idraulici a bagno d’olio, mentre il retrotreno era composto dalle sospensioni posteriori ad assale rigido con molle a balestra e ammortizzatori telescopici. Nel 1953, la gamma fu allargata alla declinazione con il propulsore 1900 Diesel da 40 CV di potenza e 85 km/h di velocità massima, proposta al prezzo base di 1,8 milioni di Lire. Parallelamente, fu leggermente aggiornata l’estetica e fu installato il comando indipendente per la trazione integrale inseribile.
Nel 1955 debuttò la seconda serie della Fiat Campagnola, nota anche come Campagnola A o AR55. Il rinnovamento estetico comprendeva il paraurti anteriore ridisegnato, la fanaleria modificata, l’impianto di riscaldamento incluso nella dotazione di serie e il bloccaggio manuale del differenziale posteriore. Tuttavia, la maggiore novità fu rappresentata dall’aggiornamento delle motorizzazioni, con il propulsore a benzina 1900 da 63 CV di potenza e 116 km/h di velocità massima ed il motore 1900 Diesel da 43 CV. La Fiat Campagnola fu aggiornata nuovamente nel 1959, quando adottò la fanaleria modificata per l’adeguamento al Codice della Strada. La relativa versione militare, inoltre, adottò la sigla AR59 e l’impianto elettrico potenziato. Nel 1960 fu introdotta la Campagnola B con il motore 1900 Diesel da 47 CV di potenza e 95 km/h di velocità massima, poi sostituita – nel 1968 – dalla Campagnola C che prevedeva il sistema d’iniezione a pompa rotativa Bosch e l’impianto elettrico con l’alternatore al posto della dinamo. L’uscita di scena della Fiat Campagnola risale al 1973, quando terminò la produzione dopo 39.076 esemplari, di cui 7.783 nella declinazione con la motorizzazione diesel.
L’ingresso in caserma


L’equipaggio era composto da 4 militari sulle panche posteriori, il capo macchina e il conduttore.
Il cambio era a 4 marce con ridotte e solo la II, la III e la IV sincronizzate. Il differenziale posteriore era bloccabile con un manicotto di sicurezza che in caso di mancato disinnesto, nelle curve si rompeva appositamente salvaguardando la meccanica. Chissà quanti ne hanno cambiati…
116 Km/h era la velocità massima, ma gli appassionati, come si può intuire, mi confermano che diventava quasi inguidabile considerato il peso, i freni a tamburo e la sua natura “campagnola” piuttosto che stradale.
24 volt di alimentazione elettrica e 12 volt per la serie civile rendevano questa “signora” una grandissima arrampicatrice di prati, colline e mulattiere e anche i terreni fangosi non tradivano la sua specialità. I guadi, se l’acqua non arrivava a livello delle batterie poste sotto i sedili, erano tranquillamente attraversabili anche se lo sterzo diventava molto pesante
Ma arriviamo ai ricordi più “recenti”: il restyling del ’76
La nuova AR 76 completamente ridisegnata e non più quindi una copia italiana della valida Willys, cominciò a entrare nelle caserme nell’ottanta portando più o meno con sè le stesse caratteristiche tecniche operative che hanno caratterizzato il progetto della AR51, comunque già molto valido.
Ho davvero molti ricordi legati alla AR76 essendo della classe ’70. Vediamo insieme alcuni dettagli tecnici prima di passare agli impieghi di reparto.
Il propulsore è stato portato a 1995 cc, un motore destinato a far scuola nei modelli Fiat; erogava solo 80 cavalli e le prime serie avevano 4 marce poi passate a 5, con sempre la possibilità di utilizzare la leva per il passaggio alle ridotte.
Due leve a T in alluminio (le ricordate?) erano una per il blocco del differenziale posteriore, mentre l’altra per il passaggio alla trazione integrale anteriore che poteva avvenire anche con il veicolo in movimento.
Un successo e un riferimento italiano che nei paesi dell’Est veniva prodotto con il nome Zastava. Ha partecipato alla Parigi Dakar nell’ 82 con un motore Lancia Stratos V6 da 200 cv.
Il boom degli anni ottanta portava anche il nome della “Campagnola”, infatti i suoi allestimenti oltreché per le Forze Armate e le istituzioni furono apprezzate dai comuni per la versione carro attrezzi e spazzaneve ma anche dall’Enel e dall’Agip per trivellare i pozzi artesiani.
La versione a passo lungo hard top era allestita a volte come ambulanza, mentre le versioni 2.500 turbodiesel erano destinate spesso ai vigili del fuoco e alla polizia, quest’ultima ne possedeva qualcuna addirittura in versione blindata.
La papamobile 4×4


Oltre ai pregi c’era anche qualche difetto…
Infatti la sua limitatezza nell fuori strada era imputabile soprattutto all’escursione limitata delle sospensioni a ruote indipendenti, mentre la storica Willys aveva il ponte rigido chiaramente molto più adattabile ai terreni estremi.
Altri problemi degni di nota dell’AR76 erano le crociere dei giunti di trasmissioni, che in virtù della loro inclinazione, si tranciavano facilmente ma anche i freni a tamburo che, se bagnati, allungavano di parecchio gli spazi d’arresto considerata la sua massa di 1700 chili.
Gli occupanti sulla versione 76, erano passati a 7 grazie al sedile anteriore sdoppiato per il capomacchina, il quale doveva sedersi sempre vicino al finestrino anche per il saluto al basco.
Su strada percorreva chilometri senza problemi anche se l’avviamento a freddo la faceva saltellare per il primo quarto d’ora: la ventola di raffreddamento infatti era fissata alla rotazione del motore.
Aveva la tendenza al sovrasterzo soprattutto sui fondi a bassa aderenza, ma si controllava abbastanza bene con la dovuta attenzione a non rilasciare il gas. Diversamente si chiudeva sull’anteriore mettendosi di traverso.
Alla struttura con telone verde e arrotolato potevano essere fissate una mitragliatrice Browning o Mg ma anche strutture radio come ad esempio stazioni Pr5 e RW4 eccetera.
Conclusioni A.I.LoveTourism
Cosa portiamo a casa da questo articolo?
Abbiamo presentato la storia di uno dei mezzi a motore più iconici per la nostra Repubblica. Tutti Noi associamo la Fiat Campagnola ad un evento del nostro Passato, perchè è stata utilizzata in mille campi civili e militari ed, anche per caso, ne abbiamo vista una in strada o, addirittura, ci è stata di grande aiuto in situazioni precipue.
Possiamo, adesso, associare la sua nascita alla stessa Bari ed utilizzare queste informazioni per pubblicizzare e raccontare il nostro territorio. Un’arma in più per connettere passione per i viaggi con passione per i motori o storia industriale e, perchè no, si potrebbe parlare anche della stessa Fiera del Levante di Bari…
Questo, è il nostro modo di lavorare, collegare fattori storici e racconti del territorio ricavandone sempre più chiavi di lettura capendone le origini ed i motivi.
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