
Il Divino può modificare il Destino di ognuno di Noi
Cercando degli articoli universitari che potessero parlare delle tradizioni pugliesi mi sono imbattuto su un paper scientifico, scritto da due antropologi Americani quasi trenta anni fa. Molto interessante, sia come testimonianza storica che come articolo che con metodo scientifico analizza qualcosa di altamente irrazionale: la sfortuna.
Con testimonianza diretta condivido quanto scritto nell’articolo e nei particolari ritrovo tradizioni e modi di dire che nella mia infanzia erano all’ordine del giorno.
Dividerò l’articolo in tre parti: in questa prima parte farò una piccola descrizione di quello che una società contadina in una paesino delle Murge di Sud-Est in Puglia può ed ha potuto percepire come influenza delle divinità od esseri demoniaci sulle sciagure o malattie personali.
Due scrittori hanno invocato un’antropologia della sfortuna (Worsley 1982:327) o della sofferenza (Farmer 1988:80). Worsley sottolinea l’importanza del fatto che la farmacopea e il repertorio rituale di molti curanti non riguardano solo la malattia, e Farmer ci invita a fare collegamenti tra i “significati personali della malattia” e questioni più ampie nella società, sottolineando le connessioni tra vari tipi di sofferenza a livello fisico, sociale ed economico. Dubito che Worsley e Farmer partano dal presupposto che gli antropologi medici e altri antropologi non si siano occupati in passato della sofferenza e della sfortuna come fulcro del significato nella cultura, o che gli antropologi medici non abbiano preso in considerazione tipi di sofferenza diversi dalla malattia, ma la loro richiesta di un’esplicita attenzione antropologica al tema generale della sfortuna e della sofferenza è ben accetta, e sembra esserci un interesse crescente in quest’area.
Gli antropologi hanno spesso analizzato le varietà individuali di danno soprannaturale, ma raramente hanno prodotto analisi culturalmente specifiche dei complessi sistemi di modi in cui le persone o le cose vengono danneggiate attraverso mezzi soprannaturali. A Locorotondo esistono diverse cause soprannaturali di disgrazia quindi, invece di raccogliere dati separati sul malocchio, la stregoneria o le maledizioni, può essere utile esplorare questi fenomeni, e altri, con l’idea che essi costituissero un sistema di simboli che avevano un valore euristico locale per riflettere su certi tipi di disgrazia. Si tratta di un tema che possiamo ritrovare anche sull’isola di Pantelleria ed è riportata sul concetto di costruzione locale dell'”immagine sintetica” del malocchio (Galt 1982).
Nell’Italia meridionale il danno soprannaturale comprende quelle varietà di sfortuna che colpiscono la comunità umana che non hanno cause quotidiane e non possono essere risolte da attori professionali come medici, avvocati, assistenti sociali, rappresentanti sindacali o altri burocrati. In questo articolo la categoria “sfortuna” comprende conseguenze che vanno dal fastidio e dal disagio alla malattia, alla lesione accidentale, alla morte, all’amore indesiderato, alla paralisi dell’attività e al declino finanziario.
Locorotondo è una cittadina di circa 12.000 abitanti situata nell’angolo sud-orientale della provincia di Bari, nel sud Italia. Fa parte di una zona spesso chiamata Murgia dei Trulli, un’area caratterizzata dalla presenza dei trulli, case costruite con cupole a mensola. Recentemente i trulli e il paesaggio suggestivo della zona sono diventati un’attrazione turistica. L’altra caratteristica principale della zona è un modello di insediamento altamente disperso che contrasta nettamente con quello tipico dell’Italia meridionale, in cui quasi tutti gli abitanti vivono in città e si recano ogni giorno nei campi. Il modello insediativo disperso di Locorotondo risale almeno all’inizio del XIX secolo e si basa sullo sviluppo, attraverso l’enfiteusi, di piccole proprietà contadine. A memoria d’uomo e di popolo, la totalità dei contadini di questa città ha vissuto in campagna, mentre artigiani, commercianti, professionisti e grandi proprietari terrieri hanno abitato in città. Attualmente, poco più del 50% della popolazione vive in campagna, e solo pochi contadini in pensione vivono in città. È significativo che i locali parlino (in dialetto) dei contadini come crestiène de feuore, o “gente di fuori”. Il modello di insediamento disperso e di agricoltura piccolo-proprietaria è ripreso in misura minore nelle città circostanti (Cisternino, Martina Franca, Alberobello, Fasano e Ostuni), ma contrasta nettamente con il modello del resto della Puglia, dove la residenza in campagna della popolazione agricola è poco diffusa. I contadini di Locorotondo e dei comuni limitrofi hanno conosciuto un grado di prosperità basato sulla viticoltura, generalmente raro per l’Italia meridionale, anche se gli appezzamenti familiari sono piccoli.


Una cittadina divisa tra Passato e Presente
La divisione della popolazione di Locorotondo tra città e campagna ha creato una doppia sottocultura operaia che si differenzia per valori, dialetto e grado di conservatorismo culturale. Il maggiore isolamento della popolazione rurale, e in particolare delle donne contadine, dalle influenze esterne, che storicamente entravano a Locorotondo solo attraverso i canali cittadini, ha teso a mantenere nelle campagne elementi di credenza magica e soprannaturale. Negli ultimi tre decenni, tuttavia, le campagne hanno subito notevoli cambiamenti economici e culturali. La maggior parte degli uomini non è più un agricoltore a tempo pieno, ma un abile artigiano edile, un camionista o, in pochi casi, un operaio dell’acciaieria di Taranto. Queste nuove occupazioni portano gli uomini in città lontane da Locorotondo e li espongono alle nuove influenze dei modi di vita urbani.
Il centro cittadino, quindi, non è più l’unico punto di ingresso per le idee appartenenti alla più ampia cultura regionale e nazionale, e l’isolamento della campagna si erode costantemente. Naturalmente anche la televisione ed Internet, ormai presenti in quasi tutte le case di campagna, ha contribuito a questa erosione. Le credenze e le pratiche magiche nelle zone rurali di Locorotondo sono entrate in conflitto con visioni del mondo più razionalistiche più tardi che in città, ma alcune credenze magiche hanno cominciato a scomparire tra tutti, tranne che tra i più anziani. Altri elementi, in particolare le credenze sul malocchio, che hanno una certa diffusione in tutta l’Italia moderna, persistono sia nel mondo urbano che in quello rurale locorotondese.
E’ interessante notare, nell’articolo dell’autore, come faccia riferimento a credenze popolari locorotondesi e nella zona più diffusa delle Murge del Su-Est) ma, distinguere Passato e Presente spesso non è possibile. Alcune tradizioni o “dicerie” sono ancora attuali e, magari, convertite in miti attuali che si riferiscono al nuovo tessuto sociale ed economico, come se Presente e Passato si aggrovigliassero in una unica spirale indissolubile.
TRE TIPOLOGIE DI ESSERI SOPRANNATURALI A LOCOROTONDO


I contadini di Locorotondo individuano tre tipi di esseri soprannaturali come potenziali portatori di sfortuna: Dio, i demoni e una forma di incubo chiamata ajure. Di questi, la gente contattava direttamente solo l’ultimo. Molti abitanti delle campagne sperimentavano e credevano in altri esseri soprannaturali – fantasmi (spirte), un folletto benevolo noto come monachidde e, naturalmente, i santi – ma non li vedevano o ne parlavano come dannosi.I fantasmi erano gli spiriti dei suicidi o di coloro che erano morti prematuramente in altri modi. Tali spiriti infestavano i luoghi in cui erano morti – spesso profonde cisterne in cui i suicidi di Locorotondo si gettavano – fino a quando non arrivavano i giorni originariamente destinati alla loro morte. I fantasmi si creavano anche quando i parenti violavano i termini del testamento di una persona deceduta. I fantasmi apparivano in forme strane e spaventose, ma, secondo gli informatori, una volta che una persona viva si rendeva conto di essere in presenza di un fantasma, l’apparizione scompariva senza fare alcun male.È importante notare, tuttavia, che la gente di campagna locorotondese sperimentava spesso i fantasmi e che tali esperienze fornivano una chiave personale per il soprannaturale. Non è raro che l’esperienza avuta con un fantasma, e non l’insegnamento della chiesa, sia alla base della fede nella vita dopo la morte.
L’ajure, invece, era uno spirito dispettoso che si manifestava di notte, si sedeva sul petto o sullo stomaco delle persone paralizzandone i movimenti e faceva cose fastidiose come pizzicare la carne delle vittime o aggrovigliare i loro capelli. Quando l’ajure si avvicinava alle persone, queste non potevano né muoversi per scrollarsela di dosso né aprire gli occhi. Di conseguenza, nessuno è in grado di descrivere l’ajure, anche se qualcuno dice sia dire simile a un gatto. L’ajure si è presa cura di molte persone in campagna e niene vista in molte zone agricole come una presenza costante e reale. Le persone consideravano il fatto di svegliarsi con lividi o capelli aggrovigliati come prova di una visita. La gente credeva anche che l’ajure visitasse i cavalli di notte – era particolarmente legata a questi animali – e intrecciasse le loro criniere e code. Un informatore ha anche raccontato che questa creatura avrebbe picchiato un cavallo di notte, dopo che il proprietario lo aveva picchiato di giorno, come avvertimento perverso a lasciarlo in pace; la crudeltà umana nei confronti dei cavalli si traduceva in una dose doppia soprannaturale.
Solo nel caso della bastonatura dei cavalli, la venuta delle ajure rifletteva le azioni umane. Per il resto c’era una neutralità morale intorno alle azioni delle sue vittime. La risposta incredula alle domande sull’ajure, già citata in precedenza, suggerisce che le visite di questa creatura erano molto comuni, almeno tra i contadini più anziani. Nel centro storico di Locorotondo, l’esperienza con l’ajure potrebbe essere stata meno comune, anche se ho solo prove aneddotiche su cui basare questa idea. Un’anziana donna di classe artigiana con cui ho parlato di questa creatura aveva infatti dimenticato la cura e la trovava un divertente ricordo del suo passato.
La credenza nei danni che provengono dal Diavolo (u diavule) è molto più vaga. Tutti concordano sul fatto che il Diavolo fosse alla base dei poteri delle streghe locali, ma non erano chiari sui danni che potevano provenire direttamente da lui. Alcuni abitanti pensano che il diavolo potesse essere all’origine di danni meteorologici come i fulmini o la grandine e sostengono che i cartelli di profilassi dipinti in bianco sui coni dei trulli fossero “contro il diavolo”. (Altri vedono i segni come portafortuna generati o semplicemente come cose da ridipingere per tradizione, con scarso senso del loro significato, quando una casa veniva imbiancata). La gente stilizzava rami di ulivo benedetti nei campi e sugli edifici per proteggerli, perché l’ulivo ha connotazioni sacre che controbilanciano il male del diavolo. Per arginare le tempeste e scacciare la grandine, la gente invocava anche i santi negli incantesimi. La gente vede Dio, invece, come causa diretta del danno ai malfattori durante la loro vita e al momento del giudizio finale.”Criste se ne pé” (“Cristo esige il pagamento”). Il danno diretto attribuito a Dio o a Cristo rientrava nella categoria “a malapotènse de Dig-ghie” – in sostanza, “la potenza dannosa di Dio”, la versione divina di una maledizione umana. Naturalmente, si presume che la vittima del potere di Dio abbia fatto un male considerevole, in particolare un male diretto ai genitori. Un detto molto diffuso a Locorotondo professa: “A malapotènse d’u Segneure jè chère, ca cure a mamme, doppe ca ng’a deéte a robbe, na vuleute meis meis” (“La potenza nociva di Dio è quella che [colpisce] il figlio che, dopo aver ricevuto la sua eredità, non vuole ruotare la cura di sua madre con i suoi fratelli”). Non prendersi cura di un genitore è visto come l’atto supremo di slealtà da parte di un figlio e quindi come qualcosa soggetto a conseguenze estreme.